Il whitepaper di Bitcoin non usa mai il termine “blockchain” ma ne parla costantemente. Il documento informativo distribuito da Satoshi Nakamoto nel 2008, creato per mettere in evidenza le caratteristiche di una soluzione innovativa che sarebbe stata poi realizzata in pratica con il rilascio del software qualche mese dopo.
Chi è interessato alla sua lettura lo può trovare anche tradotto in italiano (ma non faccia troppo affidamento sulla comprensibilità della traduzione).
Il whitepaper non è certo un documento di immediata comprensione senza solide basi informatiche, matematiche ed economiche ed è normale doverlo leggere più e più volte per arrivare ad avere una idea chiara del contenuto.
Ciononostante questo documento è probabilmente destinato a cambiare profondamente le nostre vite e le nostre attività professionali nei prossimi 20-30 anni.
Comprenderne le potenzialità ora è una opportunità per tutti come lo era Internet nel 1990: visto ciò che è successo con la rete negli ultimi 30 anni, lo studio delle potenzialità della blockchain potrebbe meritare un po’ di pazienza e qualche ricerca aggiuntiva che ne permetta una migliore comprensione.
Affidarsi ciecamente a un video su Youtube e qualche articolo di giornale per avere una sintesi di questo documento può portare fuori strada: la maggior parte dei possessori/utilizzatori di valute digitali e criptovalute non sanno come funziona una blockchain (la speculazione nel 2021 non richiede buona informazione) ma purtroppo non si esimono comunque dal provarci! Per questo sarebbe bene diffidare da qualsiasi informazione trovata in rete (…se volete anche da questo post!) e per ogni dubbio tornare più di una volta sul whitepaper originale per confermare o meno la veridicità e la sensatezza delle informazioni apprese.
A purely peer-to-peer version of electronic cash would allow online payments to be sent directly from one party to another without going through a financial institution. Digital signatures provide part of the solution, but the main benefits are lost if a trusted third party is still required to prevent double-spending.
Satoshi Nakamoto, 2008
We propose a solution to the double-spending problem using a peer-to-peer network.
The network timestamps transactions by hashing them into an ongoing chain of hash-based proof-of-work, forming a record that cannot be changed without redoing the proof-of-work. The longest chain not only serves as proof of the sequence of events witnessed, but proof that it came from the largest pool of CPU power. As long as a majority of CPU power is controlled by nodes that are not cooperating to attack the network, they’ll generate the longest chain and outpace attackers. The network itself requires minimal structure. Messages are broadcast on a best effort basis, and nodes can leave and rejoin the network at will, accepting the longest proof-of-work chain as proof of what happened while they were gone
Mi sarebbe piaciuto fornire una spiegazione dettagliata del documento, esaminandone ogni pagina, ma saremmo entrati troppo nel tecnicismo. Così, chi volesse un aiutino nella comprensione del Whitepaper può leggere documenti come questo(in inglese).
Fin dalle prime righe del whitepaper originale comunque si può notare come parli di “coin”, di “cash”, e altri termini legati al pagamento. E’ facile chiedersi come una blockchain il cui documento informativo sembra incentrato su una moneta digitale possa essere di interesse per una attività economica come le nostre, soprattutto se non si valuti di adottarla come semplice forma di pagamento.
A chi fa questa (giusta) osservazione si può far presente che nella prima riga, nella prima parola, nella prima sillaba, c’è già un chiarimento.
“BitCoin: A Peer-to-Peer Electronic Cash System”
Bit+Coin
Bitcoin è nato per essere la fusione di “dati” e “digital money” attraverso la sua blockchain (e non per essere un mero asset speculativo).
Nelle aziende i dati sono stati per anni salvati su server, in infrastrutture proprie o di terzi. Negli ultimi dieci anni si è passati a servizi Cloud che ospitano i nostri dati in giro per il mondo in servizi come quelli di Amazon, Google e Azure. E’ un grande miglioramento e porta a grandi vantaggi, ma ancora i dati sono controllati da una singola azienda o service provider.
Può esistere un modo migliore per usare e memorizzare i dati? Molti pensano di sì ed è proprio attraverso l’uso delle proprietà della blockchain.
Bitcoin è un data network. La comunicazione di uno scambio digitale viene fatta attraverso un network di dati. La blockchain non è altro che una forma diversa di database che invece di essere proprio di una azienda, è distribuito in copie e tenuto da molti device computazionali, tutti in possesso dello stesso database, e quindi degli stessi dati, degli stessi eventi, delle stesse transazioni, in modo sicuro.
Nel 2008 il concetto di blockchain ha introdotto un nuovo data network protocol, creando la possibilità non solo di gestire pagamenti, ma di scrivere dati, di leggerli, di gestire diritti sui dati, di monetizzarli se se ne hanno i diritti, di farci operazioni.
I vantaggi che la blockchain porta sono fornire l’accesso a un “universal source of truth”. Si possono quindi eliminare intermediari come payment processors o middle men e creare nuove efficienze. Significa che si può agevolare la comunicazione di dati rompendo i data silos che sono presenti e che sembrano immutabili, come ad esempio nel mondo dell’healthcare e lo cominciamo a vedere nel mondo dei vaccini. Ma perchè ad esempio non posso disporre di tutti i miei dati medici on chain così da avere immutabilità e certezza e autorizzare alla bisogna l’accesso?
Significa poi che si possono fare piccoli pagamenti online attraverso la blockchain, che però deve per forza essere scalabile per essere compatibile con micropagamenti.
A chi mi chiede dove stia tutto questo nel corpo del whitepaper, potrei rispondere: dove stava Netflix nel paper “Transmission Control Protocol” RFC 793, il documento del 1981 che definisce il protocollo TCP IP.
Questa visione trova le sue radici all’interno del whitepaper, basta non fermarsi al significato classico di “transazioni elettronica”, basta notare come la definizione di “electronic coin” sia “catena di firme digitali”. E’ comunque una visione, che però mi pare molto più interessante del classico “digital gold”.
Bitcoin nasce per risolvere un problema di pagamento proprio del suo tempo. Probabilmente, se il whitepaper si fosse orientato troppo verso al dato e meno alla moneta, sarebbe stato ancora meno capito. O forse invece sarebbe stato più ovvio che la scalabilità è requisito essenziale.
Purtroppo non possiamo saperlo.
Come sarà usata la blockchain tra 10 anni? Dipende da come vorremo risolvere nostre esigenze.
Business affermati come Starbucks, LVHM, Prada, Cartier Nestlè e McDonalds sono tra i primi brand ad affacciarsi timidamente a questo mondo, con primi progetti sperimentali.
Già ora una applicazione immediata è usare la blockchain per gli smart contracts, che sono fondamentalmente contratti che si autoverificano e si autoapplicano tra più parti. Una volta tradotto e memorizzato all’interno del registro, il contratto non può essere modificato o cambiato.
Esempi di contratti intelligenti includono contratti di locazioni, accordi con fornitori o fornitori. I contratti intelligenti offrono alle piccole imprese un livello di protezione che altrimenti non potrebbero mai permettersi, a un costo inferiore.
Qualche effetto pratico comunque già lo abbiamo visto negli anni scorsi nel settore remittance e banking: 10 anni fa non potevamo spostare soldi attraverso una app immediatamente, via cellulare e a costi quasi nulli mentre ora possiamo farlo, vediamo il primo effetto indiretto delle nuove tecnologie: promuovere la concorrenza e le efficienze.
Quali vantaggi potrebbe ottenere il vostro business dall’uso della blockchain? Parliamone insieme.